Le sue radici 

Le primissime referenze sullo yoga si hanno negli antichi testi vedici (1500-500 a.c.) che  gli induisti ortodossi considerano fonte di tutti gli insegnamenti religiosi e filosofici successivi in India.  La prima volta, però, nella storia, in cui troviamo una spiegazione scritta dello yoga è negli Upanishad (500-400 a.c.), testi che descrivono lo yoga come la scienza del controllo dei sensi ed offrono alcuni consigli pratici su come, appunto, praticare yoga. Nello Yoga Sutra Patanjali ha condensato gli insegnamenti che ha ereditato delle Upanishad e della Bhagavad Gita, uno dei più importanti testi religiosi indiani, organizzandoli ed apportandone perfezionamento in modo che fossero più chiari e usò per la prima volta  il termine asana con il significato che gli diamo oggi.

In sintesi, si deduce che mudra, bandha e milioni di posizioni erano  già menzionati in testi sanscriti precedenti al XIII secolo d.c. ma la vera svolta, nella definizione dello Hatha yoga come pratica fisica, fu solo successivamente, nel XV secolo d.c. con la stesura del Hatha Yoga Pradipika di Swami Svatmarama. Quest'ultimo è una raccolta di venti testi sullo Hatha yoga, considerato tra i tre più influenti sopravissuti nel tempo. In quest'opera vengono racchiuse tutte le tecniche, discusse fino ad allora nelle opere precedenti, e definisce asana, pranayama, mudra, kumbhaka e nadanusandhana, e kriya come pratiche di hatha yoga. 

Da questi testi, nel tempo appresi e tramandati da diversi Maestri, sono nate altrettante differenti tradizioni e metodi di insegnamento e quello di Swami Sivananda è uno tra questi.


Il suo cuore

Sono trascorsi anni, sono nate tante differenti correnti di pensiero e metodi diversi, ma i concetti chiavi sono rimasti invariati: